giovedì 1 maggio 2014

Sempre la stessa storia: è già finito il tiqui-taca?

Nello scorso luglio dopo aver visto la disastrosa eliminazione del Barcellona per mano del Bayern Monaco e la sconfitta della Spagna per mano del Brasile nella finale della Confederations il quesito che il mondo del calcio si poneva suonava più o meno così:"E' giunta la fine del tiqui-taca?".
Anch'io ne parlai in questo blog (fai clic qui per leggere), lasciando intendere che per il sottoscritto non si può improvvisamente decretare la morte di uno stile di gioco e di una cultura calcistica che fino a qualche mese prima erano considerati il non plus ultra dell'innovazione sul tappeto verde.
Non a caso lo stesso Guardiola, uno che con il possesso palla se la cava abbastanza bene, da allenatore del Bayern si è imposto. Lo ha fatto vincendo la Bundesliga con diverse, moltissime, troppe, giornate d'anticipo. Lo ha fatto raggiungendo la finale di coppa di Germania. Ma soprattutto lo ha fatto imprimendo il suo stile al Bayern, che a sua volta si imponeva agli avversari. Quasi dimenticavo: in Champions League ha raggiunto le semifinali uscendo contro un devastante Real Madrid che gliene ha rifilati cinque in 180' senza dare neanche la parvenza di poterne subire uno.
Inutile dire che se il Bayern Monaco allenato dal signor Pep Guardiola non solo non domina in Europa, ma addirittura esce con cinque gol al passivo si grida al fallimento, tracollo, delusione e chi più ne ha più ne metta. Non mancano le voci che vanno a pungere, nello specifico, il lavoro dell'allenatore, ancor più velenose se provengono da chi nel Bayern Monaco ha un certo peso (Beckenbauer, ndr). E allora improvvisamente il gioco del possesso palla reiterato non va più bene, il nove che fa spazio per gli inserimenti ancor meno, e tutto quello che sul dizionario del calcio risponde alla voce "Guardiolismo" è ormai superato, desueto.

Nonostante io non sia proprio un grande estimatore di Guardiola penso che mettere in discussione l'allenatore, solo per la doppia sfida con il Real Madrid, sia ridicolo. Anche perché non ci sono solo le vittorie con il Barcellona, che per qualcuno poteva vincere anche senza allenatore, ma da me questo non lo sentirete mai. Con i bavaresi ha già vinto, e mi sembra di poter dire dominato, la Bundesliga, trofeo che a sua volta si accoda alla Supercoppa europea e al Campionato del Mondo per Club. Niente male, ma anche qui qualcuno sostiene che il Bayern avrebbe vinto anche senza tecnico.

Colgo l'occasione per ribadire che sicuramente il calcio si sta evolvendo ad una velocità straordinaria, dentro e fuori dal campo, ma tatticamente nessun processo evolutivo può spazzare via in poche partite un sistema di gioco che è stato così efficace, affascinante, innovativo da fare scuola (in Spagna), e divenire moda (in tutto il mondo).
Dunque se qualcuno dovesse dirmi che oggi Guardiola e il suo gioco sono da cestinare non gli risponderei con un sentito "Tu non capisci niente di calcio!", questo è certo, probabilmente storcerei il naso in segno di disapprovazione e direi che non condivido in pieno la sua idea.  E devo dire che avrei anche pesato bene le parole, perché qualche argomento a favore, la sua tesi, lo avrebbe.
Mi viene da pensare, ad esempio, che mentre in diverse aree del mondo, in molti settori, si cerca un apertura verso altre culture, altri costumi e talvolta si usano paroloni quali globalizzazione e integrazione, nel calcio (rimanendo all'interno di un discorso meramente tattico) uno scambio culturale, anzi un trapianto culturale, come quello tentato dal massimo esponente del tiqui-taca in Germania, non è possibile o comunque non è necessariamente una buona idea.

Consideriamo che il gioco che ha espresso il Barcellona negli ultimi anni non è semplicemente uno schema tattico che si impara e si mette in pratica, c'è bisogno di farlo entrare nella testa e nel cuore dei giocatori per farlo diventare la vera e propria anima di una squadra.
Consideriamo, ora, che Guardiola è uno che al Barcellona si sente a casa, nella Masia ci è cresciuto e il possesso palla e il calcio totale li ha sposati (non a caso sotto la guida di un certo Cruyff). Quando è stato chiamato per guidare la prima squadra dei blaugrana ha trovato terreno fertile per la sua idea di calcio. E non mi riferisco solo all'aspetto tattico, ma anche e soprattutto a livello mentale, culturale e storico. Tutto il popolo del Barcellona aspettava solo quello. Poi ovviamente bisogna considerare le individualità e la fortuna, queste non possono mancare a chi vince. Mai.
Diversamente quando è arrivato a Monaco ha ricevuto in eredità da Heynckes una squadra che aveva già vinto tutto, e lo aveva fatto secondo lo stile e le regole del Bayern. Probabilmente, oltre a quella fame di vittorie che viene meno in queste situazioni, l'allenatore catalano si è trovato a fronteggiare l'impossibilità di trasferire l'impostazione tipica del Barcellona al Bayern, almeno nell'immediato, quasi a dimostrazione che ci sono alcuni fattori destinati a restare ancorati lì dove nascono (geograficamente parlando) e ottenere gli stessi risultati non è possibile, almeno non in un arco di tempo così ristretto.

Concludo dicendo (ancora una volta) che oggi non è possibile stabilire se il tiqui-taca sia morto o superato, forse ha bisogno di altro tempo per evolversi rispetto ai cambiamenti significativi che sono avvenuti negli ultimi mesi (di cui probabilmente parlerò nei prossimi articoli), forse è destinato a realizzarsi solo nella capitale catalana. Quel che è certo è che solo il tempo e il campo possono fornirci una risposta.

2 commenti:

  1. Ottima analisi, di cui condivido i due capisaldi: il fatto che certi sistemi di gioco siano profondamente ancorati a un luogo con la sua cultura, la sua tradizione, la sua mentalità, e l'impossibilità di decretare la morte o l'obsolescenza di una tattica ai primi rovesci. Sul primo punto, penso in effetti che il tiki taka potesse nascere solo in Spagna, dove c'è da tempo il gusto per un gioco un po' più raffinato, armonioso, elaborato (ma non sempre è stato così, ricordiamoci certe squadre iberiche "da battaglia" e, per dire, la Nazionale di Clemente negli anni Novanta...); quello tedesco è un calcio un po' più "spiccio", più verticale, pur potendo quasi sempre (e anche oggi) contare su elementi di eccellenti qualità tecniche. Proprio per questo, l'esperimento Guardiola era molto più rischioso di quanto si potesse pensare, e debbo dire che come primo anno non gli è andata male.
    Io sono convinto che nessuna tattica passi mai veramente di moda, ma rimanga efficace fin quando può contare su alcuni fattori: applicazione totale dei giocatori (sostenuta da assoluta fede nel sistema adottato), intensità e continuità di gioco, elasticità nell'applicazione di un modulo, e soprattutto brillantezza fisica e classe degli interpreti. Il tiki taka applicato dai piedi finissimi di Iniesta, Xavi e compagnia è una cosa, ma messo in atto da una squadra della bassa Serie A italiana sarebbe un suicidio, credo. E il calcio totale degli olandesi? Lo esaltarono fuoriclasse come Neeskens e Cruyff, col supporto di risorse atletiche eccezionali, mentre i tentativi successivi di imitazione ebbero ben poco riscontro. Tutto questo, mentre ancora oggi si parla di catenaccio, che nasce negli anni Trenta (il verrou) e che nelle sue varie declinazioni, alcune difensivistiche a oltranza, altre più aperte, ha preso piede un po' in tutto il mondo.

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    1. Spettacolare risposta: eccellente il paragone con il buon vecchio catenaccio! L'applicazione e la dedizione dei singoli in quanto tali e in quanto gruppo è quanto mai decisiva.

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